forum di classici contro/1: il contributo di Andrea Cozzo – né i classici in sé, né i classici per sé

Per chi volesse commentare, sottolineare, discutere, proponiamo qui il primo testo, di Andrea Cozzo, dell’università di Palermo (il testo, come tutti gli altri del forum, sta originariamente qui: http://lettere2.unive.it/flgreca/1FCC01Cozzo.pdf).

 

NÉ I CLASSICI IN SÉ, NÉ I CLASSICI PER SÉ,MA I CLASSICI SITUATI
ANDREA COZZO
(Università di Palermo)
Ingegneri, medici e molti altri non hanno gran torto, spesso, a non comprendere
bene il senso del lavoro dell’antichista: a chi giova? cosa se ne fa la società? perché
pagare con il pubblico denaro chi si dà come compito, in un dialogo tutto interno
all’accademia, lo studio di un testo antico?
La politica ci ha tagliato i fondi; ma, al di là delle condivisibili critiche alla
tecnocrazia, il taglio ce lo siamo forse meritato. Infatti, mentre altri settori della
ricerca si sono in buona parte rinnovati, noi, come dice chiaramente il nome di
molti nostri Dipartimenti o Corsi di laurea (il mio per primo), siamo in fin dei conti
rimasti alle regole della cimiteriale Altertumswissenschaft ottocentesca, per altri
versi benemerita ma interessata al recupero dei morti che ora abbiamo meglio
imbalsamato e musealizzato. Abbiamo sì sviluppato l’analisi letteraria, e aggiunto
la storia della ricezione, l’antropologia e quant’altro; ma siamo ancora imbrigliati
in una teoria della ricerca (e della verità) che distingue “scoperta” da “invenzione”
(hèurema entrambe, invece, per i Greci), che troppo spesso ci incatena all’idea che
il fine sia conoscere, in sé, il Passato; e nemmeno la nozione di interpretazione, che
cerca di salvare la capra-invenzione e i cavoli-scoperta accettando il valore di
ipotesi di uno studio ma continuando a riferirsi ad un oggetto chiuso, separato dal
soggetto che lo studia e soprattutto dalla realtà sociale in cui questi è immerso, è
riuscita a metterla in crisi. Forse temendo che l’unica alternativa potesse essere il
relativismo qualunquista, non siamo usciti dal vecchio storicismo che ci fa cercare
il “significato” dei fenomeni studiati, il loro valore all’interno della società di cui
facevano parte, ignorando la nostra storicità, la nostra imbricazione cognitiva e
contestuale, ovvero il carattere di costruttività insito in ogni nostra visione delle
“cose” e, insieme, la dimensione socialmente situata, per dirla con Donna
Haraway, di questa pratica. Facciamoli parlare contro (e ho detto facciamoli, non
lasciamoli), i classici, e innanzitutto contro l’idea che la storia sia uno studio
asettico e separato dai suoi fini sociali: non troviamo che essi stessi hanno voluto scrivere qualcosa di utile – a una polis, ai Greci, o, nell’idea che gli eventi possanoripetersi “tali o simili”, anche ai posteri?

Il nostro compito non è quello, peraltro impossibile, di scoprire i significati;
piuttosto: dare, trasparentemente, senso è il nostro compito. Non è l’apologia del
soggettivismo bensì il riconoscimento esplicito del ruolo fortemente attivo dello
studioso nella produzione della conoscenza, e del carattere situato (non solo accademicamente ma anche e soprattutto socialmente) della sua azione. È la consapevolezza che, se il sapere non può essere che situato, esso, come già diceva Michel
Foucault, è fatto “per prendere posizione”. Ed ecco allora i classici contro in cui il
passato può finalmente stridere col nostro presente e davvero interrogarci, scomodarci, inquietarci.
Né l’Altertumswissenschaft pretenziosamente tendente all’oggettività, né la
lettura soggettivista e ideologica, ma lo studio dei ‘classici’ come scienza posizionata, cioè come pratica che coniuga l’uso degli strumenti specialistici (riconoscibili
dall’accademia) e il servizio sociale (riconoscibile dalla società), che presenta un
oggetto-progetto, un Passato aperto e in piena interazione col Presente in quanto fa
immediatamente riflettere su di esso.
I classici contro, ovvero scienza civile, servizio sociale. Con tematiche ‘calde’
che contribuiscano ad individuare nostri problemi, a metterli meglio a fuoco,
magari a risolverli; con un’antropologia/sociologia comparativa, ma comparativa
tra il mondo antico e il mondo a noi contemporaneo: non quello genericamente
moderno, bensì proprio quello attuale di cui si occupano i sociologi, i giornalisti, i
politici, noi nella vita quotidiana…
Ci sarebbe da dire qualcosa anche sulla forma espressiva adeguata alla scienza
civile dei classici contro, che ha da essere né neutra né fascinosa bensì impegnata,
responsabile, rispettosa, ma il mio spazio è già finito da un pezzo…

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